Il passaggio dal cartaceo al digitale e la conseguente introduzione dell’ipertesto ha offerto agli autori di narrativa a bivi di sostituire le tradizionali scelte numerate a fine testo con link diretti alla ‘pagina’ di destinazione, tuttavia in molti casi persiste l’abitudine di posizionare le scelte in fondo anziché di sfruttare la più elegante forma ipertestuale diretta nel testo narrativo.
A mio parere la tendenza a conservare la rigidità del vecchio sistema di ‘navigazione’ si traduce nella rinuncia a sfruttare la splendida possibilità, offerta dall’ipertesto, di dare alla narrativa la sua fluidità letteraria e farle riacquistare così la sua vera natura.
Mi spiego meglio con un esempio.
Nella forma tradizionale del librogame avevamo questo genere di schema:
Giunto sulla parte più alta della roccia puoi finalmente vedere tutta la zona circostante, e distingui chiaramente un sentiero scosceso che, scendendo verso Ovest e si inoltra nella fitta boscaglia. Gettando uno sguardo alle tue spalle, in direzione Est, puoi ancora scorgere la parete di roccia che ti ha permesso di arrivare faticosamente in cima, mentre a Sud un sentiero erboso conduce comodamente verso un altopiano erboso in cima al quale puoi vedere un capanno.
Se decidi di tornare indietro calandoti lungo la parete di roccia vai al 34
Se decidi di prendere il sentiero verso il bosco vai al 51
Se decidi di prendere il sentiero a Sud verso l’altopiano vai al 38
Gli autori che decidono di conservare la vecchia struttura, generalmente modificano la scena appena descritta introducendo semplicemente l’ipertesto nelle scelte finali, in questo modo (i link sono ovviamente fittizi):
Torni indietro calandoti lungo la parete di roccia
Ben più elegante e fluido, in senso narrativo, è l’inserimento delle scelte ipertestuali all’interno del testo stesso, dando vita appunto a ciò che definiamo ipernarrativa, in questo modo (anche in questo caso i link sono fittizi):
Giunto sulla parte più alta della roccia puoi finalmente vedere tutta la zona circostante, e distingui chiaramente un sentiero scosceso che, scendendo verso Ovest e si inoltra nella fitta boscaglia. Gettando uno sguardo alle tue spalle, in direzione Est, puoi ancora scorgere la parete di roccia che ti ha permesso di arrivare faticosamente in cima, mentre a Sud un sentiero erboso conduce comodamente verso un altopiano erboso in cima al quale puoi vedere un capanno.
Quale è il vostro punto di vista su questo aspetto dell’ipernarrativa? Utilizzate i commenti per esprimerlo, come sempre.
Se abbiamo in mente di utilizzare un certo mezzo tecnico(che sia carta oppure software testuale oppure qualsiasi altra cosa) io sono per pensare ad una cosa che sfrutti al meglio quel mezzo e non una “traduzione” da un mezzo all’altro.
Ovviamente la cosa si puo’ fare, non la proibisce nessuno, ma per me sara’ sempre una mezza misura.
Sono d’accordo, credo che oltre l’aspetto estetico, ne guadagni anche la rapidità di lettura e azione: il fatto che il link renda evidenti le tre scelte all’interno del testo facilità l’individuazione delle stesse, rendendo la ripetizione alla fine accessoria e ridondante. Per altro l’uso dei link interni al testo rende anche più facile verificare il contesto delle scelte che si vanno ad operare (nell’esempio il testo era molto semplice, ma se la descrizione fosse stata più elaborata poteva essere importante ri-verificare anche quella)
Un’obiezione (da parte di chi propende per i link a fine testo) potrebbe essere che le scelte poste nel modo tradizionale risultano molto più chiare e non si prestano quindi ad ambiguità. Mi spiego: nell’esempio che ho citato qualcuno potrebbe non capire che i link si riferiscono a delle azioni di movimento, nel senso che potrebbe anche trattarsi di azioni di ‘esame’ volte a produrre una descrizione più dettagliata di quanto viene ipertestualizzato (permettetemi questo termine). Nel caso della parete di roccia, quindi, ci potrebbe essere qualche lettore/giocatore che usa il link non immaginando che l’azione lo porterà a ridiscenderla e di conseguenza a ripercorrere la strada già (faticosamente) fatta per giungere in cima. E’ anche vero che se, ai fini della narrazione, la scelta della parete di roccia è importante, l’autore potrebbe semplicemente condurre attraverso il link a una pagina dove il lettore/giocatore trova semplicemente una frase del tipo “Non penserai davvero di rifare quella strada dopo la fatica per arrivare quasù?” seguito da un link che riporta alla pagina con le tre scelte precedenti. Insomma, come sempre tutto è legato all’inventiva e lungimiranza dell’autore e alla perspicacia del lettore/giocatore.
Sono in dissenso sia con Yaztromo che con Roberto.
Secondo me, il motivo per cui non viene utilizzato un link nel testo narrativo è semplice: la semantica dei link è rimasta identica a quella degli albori degli ipertesti, ovvero un approfondimento della parola o dell’espressione evidenziata (corrisponde, più o meno, all’esamina nelle avventure testuali, ma molto più “passivo” perché si può tornare alla pagina origine del link) .
Non viene, in altri termini, associata un’azione.
Siccome la semantica di un mezzo (ipertesto) non cambia se quel mezzo viene utilizzato per un altro scopo, come può essere appunto un librogioco o la riduzione di una avventura testuale a librogioco, è opportuno mantenerla per non far smarrire il lettore… ma anche perché, sempre secondo la mia opinione, non è detto che questo sia il modo migliore per rendere interattivo un testo.
Marco, io invece devo dissentire con te, per il semplice fatto che la natura dell’ipertesto è fondamentalmente quella di ‘guidare’ l’utente che clicca sul link verso una nuova destinazione, che poi si tratti di un approfondimento è semplicemente da definire nelle istruzioni che vengono fornite al lettore/giocatore del testo ipernarrativo. Inoltre, mentre nel mio esempio l’utilizzo dell’ipertesto era forzatamente ristretto al testo narrativo, nessuno vieta di inserire frasi più esplicite senza stravolgerne il flusso, per esempio:
Giunto sulla parte più alta della roccia puoi finalmente vedere tutta la zona circostante, e distingui chiaramente un sentiero scosceso che, scendendo verso Ovest potresti percorrere fino a penetrare nella fitta boscaglia. Gettando uno sguardo alle tue spalle, in direzione Est, puoi ancora scorgere la parete di roccia che ti ha permesso di arrivare faticosamente in cima e che difficilmente decideresti di ripercorrere a ritroso, mentre a Sud un sentiero erboso conduce comodamente verso un altopiano erboso in cima al quale puoi vedere un capanno, che forse sarebbe il caso di raggiungere.
Come vedi si tratta solo e semplicemente di decidere se ‘educare’ il lettore/giocatore a un utilizzo più ampio e articolato dei link, o se addirittura guidarlo utilizzando la narrazione. Di certo il risultato è molto più simile alla narrativa e permette di liberare il testo dalle pastoie di una struttura ormai obsoleta, facendogli riguadagnare il suo valore letterario.
Grazie per l’esempio molto chiaro, ma non mi hai convinto.
Perché è proprio la separazione tra “narrazione” e “decisione” che permette narrazioni più complesse e articolate, o se vogliamo l’immersione nella lettura interattiva; altrimenti, quello che viene a formarsi rimarrà una sorta di testo narrativo con rimandi, che a mio avviso è cosa ben diversa da una ipernarrativa (o, almeno, da come la stai brillantemente presentando).
Del resto, ci sarebbe molto da discutere sulla presunta liberazione del testo dalle pastoie: il giocatore non deve, comunque, leggere tutto il paragrafo per decidere quale opzione scegliere? Non deve tornare indietro nella lettura, per seguire il link con l’azione da intraprendere?
Per rimanere nel tuo secondo esempio, potrei scegliere di scendere nella boscaglia non avendo ancora terminato il paragrafo e non sapendo quindi che c’è un sentiero più facile da percorrere.
La mancanza di una separazione tra i due ambiti obbliga il lettore a una maggiore attenzione, perché non può leggere in relax la parte descrittiva preparandosi a scegliere ma deve rimanere vigile, in quanto ogni singola parola o frase “immersa” nella narrazione può costituire un elemento decisivo nella scelta.
Inoltre, chi può garantire che l’azione possa essere sempre immersa nel testo del paragrafo? Bisognerebbe dimostrare che ciò è sempre possibile.
Su questo punto è d’obbligo una riflessione maggiore, ma già chiedere al giocatore di condizionare la propria scelta, se per esempio si ricorda di aver visto una persona o di aver con sé un oggetto nel corso del gioco, è un elemento un po’ complicato da inserire (e, se lo si inserisce, lo si fa a discapito della leggibilità). Oppure, inserire azioni che non fanno parte dell’ambito della descrizione (ad esempio, azioni sempre possibili a prescindere dal paragrafo in lettura, che diventerebbero un’inutile ripetizione nella descrizione…).
Infine, può diventare complicato indicare con chiarezza gli ambiti logici di determinate azioni.
Il tuo secondo esempio, pur chiaro, non è sufficientemente articolato per far comprendere questo aspetto, ma sarebbe interessante riuscire a presentarlo (penso al fatto che alcune “azioni complesse” hanno delle parti in comune e si differenziano solo per l’ultima azione o qualche sfumatura).
Insomma, le convenzioni (come le abitudini) sono dure a cambiare e quello che chiami “educare” diventa, a mio avviso, una barriera di ingresso alla fruizione dell’oggetto.
Ciao Marco, premetto dicendo che io non devo convincere te o altri, le mie sono osservazioni sono legate al lavoro che sto conducendo e, ovviamente, mi fa piacere ricevere dei commenti validi come i tuoi o quelli di altri che hanno già interagito e ragionare sui diversi punti di vista soprattutto se sono ‘opposti’ come spesso (quasi sempre?) accade appunto con te 🙂
Questo particolare contesto, inoltre, è collegato ad altri di cui si parlerà sul blog, e ne viene direttamente influenzato da un punto di vista formale e logico, oltre che stilistico.
Tornando alle tue osservazioni, devo prima di tutto presumere che tu sia stato un fruitore di libri-game, quindi abituato a tale meccanismo. A tale proposito tieni presente che il mio lavoro è diretto soprattutto ai lettori di narrativa tradizionale, quindi a un pubblico più ampio e meno avvezzo alle meccaniche del libro-game. Credo che tu abbia già avuto modo di dare uno sguardo agli ebook di QuintaDiCopertina, “Locusta Temporis” di Colombini in primis, quindi avrai chiaro cosa intendo.
Alla luce di ciò ho l’impressione che tu ti stia perdendo in problematiche forse superflue, che appunto potrebbero essere valide se volessimo necessariamente accontentare chi è abituato ai meccanismi dei libri-game, ma che in un contesto più ampio snaturano come dicevo la fluidità del testo narrativo creando una ‘pausa forzata’ che distrae il lettore dalla fruizione narrativa e dal relativo coinvolgimento, anziché guidarlo a una modalità più istintiva di scelta dei bivi narrativi.
Infine, credo che tu stia affrontando (probabilmente a causa della tua forma mentis soprattutto informatica) la questione da un punto di vista ‘tecnico’ più che dal punto di vista di uno scrittore o di un lettore di narrativa tradizionale, mentre il mio obiettivo è proprio quello di creare un passaggio evolutivo più naturale e spontaneo dalla narrativa all’ipernarrativa.
ciao Bonaventura, e grazie mille del feedback, sei sempre molto disponibile e chiaro nelle risposte.
Questo mio ultimo commento solo per farti sapere che mi fa piacere che tu abbia citato un testo, Locusta Temporis, che conferma le mie tesi.
Esso, infatti, suddivide chiaramente la parte descrittiva da quella di azione, almeno nella parte dialogica del testo (e non potrebbe fare altrimenti, visto che sono frasi alternative); nel resto della narrazione, utilizza l’approccio di sottolineare una singola parola (o gruppo di parole) senza indicare esplicitamente l’azione (a volte è chiara, a volte no).
Un approccio che ha reso necessaria una spiegazione all’inizio del libro, per indicare le modalità di fruizione del testo. Il che corrisponde, grossomodo, a quello che avevo illustrato come una barriera di ingresso alla fruizione dell’oggetto (e quindi, torniamo alla mia domanda di qualche commento più sopra: dov’è l’immediatezza?).
Del resto, prima di essere un fruitore di libri game ( ma anche dopo 😉 ) sono stato un accanito lettore di quella che tu definisci “narrativa tradizionale”, e che io più prosaicamente chiamo “libri”.
Inoltre, è vero, sono un tecnico informatico, ma la mia professione mi ha portato ad affrontare problematiche legate all’usabilità, all’accessibilità, alla comprensibilità delle interfacce e alla facilità di utilizzo di quegli stessi strumenti che programmavo (e programmo). Insomma, mi sono occupato di elementi di psicologia cognitiva.
Questo solo per dirti che se vogliamo “creare un passaggio evolutivo più naturale e spontaneo dalla narrativa all’ipernarrativa”, è il caso forse di trovare un modo per rendere superflue le spiegazioni, e non il porsi i problemi! 😉
Vado per punti…
1) vedo che abbiamo seguito gli stessi ‘studi’, ma ciò non implica che abbiamo gli stessi punti di vista; se devo basarmi sul tuo ‘profilo’, la differenza probabilmente è che rispetto a te ho trascorso gli ultimi trent’anni soprattutto a scrivere, formare e divulgare oltre che sviluppare per il multimedia prima e il Web dopo, e ciò mi ha dato una visione abbastanza ampia delle problematiche reali e fittizie sull’usabilità e sull’interazione, soprattutto perché mi sono confrontato con un pubblico vastissimo ed eterogeneo. In ogni caso come sappiamo questa non è una gara a ‘chi ce l’ha più grosso’, bensì un confronto dove ognuno accetta i punti di vista degli altri pur esponendo i suoi e le annesse motivazioni. Se il confronto si rivela subito costruttivo, bene, altrimenti eviterei un’inutile battaglia basata semplicemente su punti di vista e (lunghe) dissertazioni teoriche 🙂
2) Ho menzionato Locusta Temporis in quanto è il titolo più noto fra quelli pubblicati da QuintaDiCopertina, ma non è detto che ne condivida al cento per cento la filosofia ipernarrativa; conosco personalmente l’autore da anni e posso dire in tutta sincerità che anche fra noi due ci sono punti di vista divergenti ma non passiamo il tempo a cercare di convincerci l’un l’altro
3) Ultimo, ma non meno importante, non capisco dove stia il problema di inserire delle spiegazioni (peraltro brevi) prima del testo ipernarrativo, dal momento che servono a introdurre il medium in questione a coloro che ne sono magari totalmente estranei; a mio parere si snatura di più la narrazione ponendo le scelte a fine scena che non inserendo qualche riga di istruzioni come premessa all’opera
Io credo che si inserisca anche una componente stilistica: scegliere di inserire un link in corpo testo o in coda è una scelta che cambia la percezione di lettura e di immedesimazione nella fabula. Una scelta che quindi varia a seconda dell’autore e anche a seconda del tipo di testo digitale che si vuole proporre. Personalmente trovo più adatta a un ebook con funzionalità narrative l’inserimento dei link all’interno del corpo testo.
Sì, Fabrizio, la presena di un link cambia sicuramente la percezione di lettura e immedesimazione, difatti nelle mie attuali sperimentazioni mi sono allontanato decisamente dalle meccaniche dell’ipertestualità ‘ad ogni costo’ e sto propendendo, più che altro, per un uso dell’ipertesto volto a definire una serie di risvolti narrativi limitata ma significativa, come per esempio nei ‘finali multipli’ di un film per intenderci. In ogni caso non ricorrerei mai, come ho già avuto modo di sottolinerare, a esperimenti in cui si tenta di riproporre i vecchi libri-game o le vecchie avventure testuali con un ebook dotato di link ipertestuali, perché trovo io stesso molto dispersivo tale meccanismo e, come ben dicevi, dannoso nei confronti della percezione di lettura e immedesimazione.
Noi abbiamo, con la collana della Polistorie, proposto una serie di titoli molto diversi tra di loro, e alcuni vanno proprio nella direzione che indichi nel tuo messaggio. Perché, come hai correttamente scritto altrove, la narrativa interattiva è un sacco di cose: si passa dagli ebook game, all’interactive fiction, fino alla letteratura elettronica “non di genere”. Come editore posso dire che il metodo giusto è quello che funziona con l’idea dello scrittore, con il suo stile e con il fine espressivo che si pone. Le divisioni di cui ogni tanto leggo, tra librogame e AT, tra interactive fiction “colta” e ebook game mi sembrano controproducenti. Non solo perché si perde di vista il forte elemento di interattività che invece unisce queste esperienze di lettura, ma anche perché si va a indebolire un “nuovo” strumento espressivo che – oggi – di tutto ha bisogno meno che di ulteriori frammentazioni e indebolimenti.
Hai usato la definizione più appropriata: “il metodo giusto è quello che funziona con l’idea dello scrittore, con il suo stile e con il fine espressivo che si pone”. Non posso che concordare, perché in questo caso lo stile e il fine espressivo si esprimono proprio con la tecnica di ipernarrativa scelta da chi scrive e che meglio si adatta, quindi, ai fini narrativi che l’autore si era posto sin dall’inizio. E non posso che concordare, ovviamente, con il discorso di non porre divisioni fra le diverse espressioni di narrativa ipertestuale e ‘interactive fiction’ in generale, perché in fondo sono generi e mondi appartenenti a generazioni che, seppure diverse e lontane fra loro culturalmente e tecnologicamente (le ‘ere’ informatiche sono davvero tali, se confrontate con il tempo ‘umano’), possono proprio fare da ponte e da substrato coesivo fra di esse, se si riesce a sensibilizzare sufficientemente il pubblico e portarlo a sperimentare, quantomeno, questo genere di narrativa.
PS Come avrai capito sono anche un lettore/estimatore di Polistorie, anche se ho acquistato solo il titolo di Enrico essendo da sempre ‘colleghi’ ho poi avuto modo di dare un’occhiata anche ad altri titoli nella loro forma ‘demo’ (compreso il tuo “Chi ha ucciso David Crane?”), e devo dire che mi ha colpito proprio la differenza di stili e tecniche nei titoli proposti.