Il tradizionale libro-game, anche nella sua forma più semplice (senza tiro dei dadi, gestione punteggi e altro), non può prescindere da una forma di paginazione numerica, che nel mondo degli ebook (dove non esistono numeri di pagina) deve necessariamente lasciare il posto all’ipertestualità.
Con l’avvento degli ebook i libri game, raccolti spesso sotto etichette (proprietarie) come Choose Your Own Adventure, o CYOA in breve, oppure identificati da definizioni simili ma leggermente differenti per evitare problemi di copyright, hanno vissuto una nuova vita proprio in virtù della maggiore facilità di navigazione offerta dall’ipertesto e una maggiore leggibilità offerta dall’e-ink e dall’e-paper dei nuovi dispositivi di lettura digitali.
Siamo, naturalmente, ben lontani dalla libertà di decisione e azione dell’IF, ovvero della letteratura interattiva offerta dagli adventure games testuali, che hanno invece fatto più fatica a trovare qualche ‘discendente’ nel mondo dell’inchiostro elettronico (compresi alcuni espedienti per giocare vecchie avventure sul browser del Kindle, quindi connessi) . Si è trattato più che altro di esperimenti in seguito trasformati in app causa l’abbandono dell’active content sui dispositivi e-ink da parte di Amazon, come The King of Shreds and Patches. Esperimenti coraggiosi che, seppur ben realizzati, non hanno trovato molto seguito e di conseguenza non sono stati in grado di dar vita a una ‘nuova generazione’ di veri e propri giochi d’avventura per lettori di ebook, soprattutto per la mancanza di uno standard di lettura e di un corrispondente ‘framework’ che altri autori potessero utilizzare per lo sviluppo di nuove opere interattive. Il doppio standard dei lettori di ebook, infatti, che vede contrapporsi il formato Kindle al popolare formato ePub, non ha facilitato la creazione di veri e propri strumenti creativi che potessero consentire lo sviluppo di adventure games pubblicabili su entrambe le piattaforme.
A questo punto non resta che l’ipertesto narrativo, che ancora una volta vede fra i protagonisti qui in Italia il grande Enrico Colombini, con il suo “Lucusta Temporis” ma anche con il saggio “Interactive Fiction & ebooks” che, a dispetto del titolo, riporta anche il testo in italiano e contiene, al suo interno, il breve racconto ipertestuale dimostrativo “Traversare il fiume”.
Le considerazioni sul parallelo fra libri-gioco tradizionali, avventure testuali e ipernarrativa non si ferma ovviamente con questo articolo, anzi sarà ripreso in articoli successivi proprio per discutere dei diversi aspetti che questa ‘evoluzione’ può portare alla superficie tanto per il pubblico quanto, soprattutto, per gli autori.
Intanto complimenti per l’articolo, anche se non mi trova molto d’accordo sulla libertà di azione delle avventure testuali.
Cioè, posso esser d’accordo sul fatto che le avventure testuali possano dare l’impressione di avere più libertà delle controparti a librogioco, ma è pur sempre una illusione: il giocatore non può far nulla che il programmatore non abbia previsto, in un verso o nell’altro. Esattamente ciò che avviene per un librogioco, solo che in quest’ultimo appare più esplicito, più chiaro.
Riguardo alla mancanza di discendenti diretti per le avventure testuali, ciò lo si deve a mio avviso a tre fattori:
1. Manca una diffusione standardizzata dei player più diffusi
In altri termini quando si compra un Kindle, un iPad o un apparato Android, non trovate pre-installato un interprete stile Z-machine (o analogo); quindi, chiunque voglia cimentarsi nel gioco di avventure testuali dovrà o installarsi un interprete specifico (con la necessità di avere competenze tecniche non indifferenti…) oppure scaricare e giocare un App realizzato ad hoc, che però a questo punto potrebbe non essere una avventura testuale, strettamente parlando (vedi punto successivo).
2. Mancano le tastiere
Digitare i comandi su una tastiera virtuale rappresentata sullo schermo tattile può diventare un incubo, ed è per questo che alcune App potrebbero “dare una mano” e modificare, quindi, i meccanismi di interazione. Abbandonando, magari, l’introduzione dei comandi.
3. Non esiste un traduttore da AT a LG
Non si può purtroppo “riciclare” l’esistente, trasformandolo in narrativa a bivi. Con tale strumento, in effetti, si supererebbe la necessità di disporre di un framework specifico di scrittura, potendo gli autori di avventure testuali ricongiungersi con naturalezza con il mondo degli e-book… sempre che, ovviamente, non vogliano rivelare subito i walkthrough delle proprie avventure testuali! 😉
Grazie comunque per l’articolo, molto stimolante! 🙂
Ciao Marco, innanzitutto grazie a te per i complimenti e per il tuo commento di precisazione, vorrei chiarire subito i diversi punti perché, in fondo, stiamo dicendo la stessa cosa ed è importante approfondire l’argomento che, come avrai notato, in questo primo articolo era semplicemente accennato. Credo sia più giusto e utile farlo, tuttavia, all’interno di un nuovo post, in modo che gli approfondimenti possano fare seguito all’articolo precedente ed essere più facilmente accessibili al pubblico del blog. Ti rimando, quindi, alla lettura del nuovo post “Dalle avventure testuali all’ipernarrativa, sfide e opportunità”.