Secondo quanto si legge nell’articolo “Noi, da Google a Bard (in uno specchio ottuso)“, con l’avvento dei chatbot, Google sembra essersi montato la testa e lancerà “Google Bard” per competere con altri chatbot come ChatGPT. L’articolo continua, affermando che il passaggio filologico da “googol” (il quantum numerico di grandezze importanti) a “bard” è rilevante, poiché il bardo era un narratore di storie antiche che caricava inevitabilmente di un qualche significato. Secondo l’autore, Raul Gabriel, con l’aggiunta di “bard”, Google si autoeleva a narratore e suggerisce alle menti influenzabili un’identità fasulla. I creatori di Google giocano la carta dell’umanizzazione suggestiva dell’algoritmo e vogliono far passare gradualmente l’idea che l’intelligenza artificiale è in grado di produrre racconto e generare contenuto. Il racconto del nuovo “Bard”, insomma, non racconta, assembla, e la sua memoria sarà di nulla, priva di spessore e pura invenzione nostra. Voi cosa ne pensate?
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